Un mio articolo, Scandalum Acceptum and Scandalum Datum: Kant’s Non-Interventionism in the Fifth Preliminary Article of the Perpetual Peace è uscito su “Scienza & politica”, dopo aver superato una revisione paritaria tradizionale, ma – ho avuto modo di constatare – molto seria.
Questa rivista è ad accesso aperto, ha un indice h ragguardevole, come risulta da questo studio, ed è stata posta in serie A per l’abilitazione scientifica nazionale in un settore, la storia delle dottrine politiche, contiguo ma non identico al mio. Per il mio settore, la filosofia politica, pubblicarci qualcosa non serve dunque a molto. Sarebbe anche stato per me incoerente sottoporre dei testi a riviste indicate da funzionari governativi, disconoscendo praticamente il principio che i ricercatori, come tutti gli altri esseri razionali, devono essere liberi di far uso pubblico della ragione nel modo che preferiscono.
Ero però consapevole che le mie critiche al sistema Anvur avrebbero potuto essere lette come un velato “vorrei ma non posso, e quindi protesto”. Ho dunque voluto dimostrare, per allontanare il sospetto di conflitto d’interessi, che sono capacissima di pubblicare su riviste di serie A, specialmente quando sono ad accesso aperto e non mi obbligano a sacrificare la libertà dell’uso pubblico della ragione, che deve sempre prevalere su ambizioni di carriera francamente squallide, se il prezzo per poter scrivere “professore ordinario” sulla lapide della propria tomba è la rinuncia alla vita del pensiero.