Archive for ‘peer review’

3 ottobre, 2015

Sulla revisione paritaria anonima

L’anonimità dell’esaminatore è […] un’idea sciocca e scandalosa. Chi deve firmare un giudizio e quindi mettere in gioco la propria rispettabilità sta bene attento a quel che scrive, mentre – e si potrebbe produrre un gran numero di esempi al riguardo – un recensore anonimo può permettersi il lusso di emettere giudizi affrettati, superficiali o anche di fare affermazioni palesemente sbagliate, con gli intenti più disparati, senza dover pagare alcun prezzo per questo. Il diffondersi delle procedure di selezione mediante il ricorso a valutatori anonimi, lungi dal garantire la serietà e l’obbiettività del giudizio – si sostiene che il valutatore anonimo sarebbe libero di esprimersi senza le reticenze dettate dai suoi eventuali rapporti di conoscenza o amicizia con il valutato o dal timore di rappresaglie – induce comportamenti poco etici se non addirittura scorretti. Che bisogno c’è dell’anonimato? Una persona che appartiene al mondo della ricerca e dell’università dovrebbe essere capace di conformarsi a criteri di “scienza e coscienza” e non avere il timore di difendere le scelte compiute su tali basi.

Non l’ho scritto io. L’ha scritto il matematico Giorgio Israel in un libro del 2013, Chi sono i nemici della scienza?, che ho scoperto troppo tardi.  Perché veneriamo istituzioni così condiscendenti con le nostre viltà?

5 ottobre, 2013

Chi ha paura dell’accesso aperto?

Oggi Repubblica ripubblica i risultati di un’indagine descritta in un recentissimo articolo di Science, facendoli precedere da questo occhiello:

“Una clamorosa inchiesta di Science porta alla luce i fumosi meccanismi che si nascondono dietro alla selva delle riviste accademico-scientifiche open access: uno studio privo di fondamento, realizzato ad hoc e riempito di errori elementari, è stato accettato nel 60% dei casi. Basta saldare il bonifico”

John Bohannon si è inventato un articolo scientifico irto d’errori e l’ha sottoposto a riviste ad accesso aperto scelte esclusivamente fra quelle che impongono agli autori una tariffa di pubblicazione. Entro questo campione, che comprendeva anche testate listate come predatory journals, una buona metà ha accettato il suo testo, per lo più dopo una revisione paritaria superficiale o nulla. L’hanno però rifiutato, fra le altre, Plos One e perfino alcune riviste di Hindawi, nonostante  precedenti non del tutto cristallini.

Bohannon ha limitato il campione alle riviste ad accesso aperto che fanno pagare gli autori, dove dunque è più facile che l’interesse al lucro prevalga sul rigore scientifico,  escludendo quelle gratuite, e non si è curato di predisporre un gruppo di controllo composto da riviste ad accesso chiuso (*).  Il lettore disattento è dunque portato a credere che tutte le riviste ad accesso aperto impongano agli autori tariffe di pubblicazione e che l’interesse al lucro prevalga soltanto nella “selva” dell’open access – come se nel giardino coltivato dell’accesso chiuso non fiorisse le crisi dei prezzi dei periodici.

Partendo da questo post di Mike Taylor ci si può facilmente rendere conto che queste critiche sono soltanto due fra le molte ricevute dall’articolo,  disponibile ad accesso aperto su Science.  Per una coincidenza bizzarra, Science è  la stessa rivista che, pochi giorni prima, aveva posto ad accesso chiuso e a pagamento i risultati delle analisi del suolo e delle rocce marziane fatte da Curiosity della NASA, cioè da un ente pubblico finanziato dal contribuente. Uno dei cofondatori della Public Library of Science, sulla base delle norme del copyright americano, li ha resi disponibili sul suo blog, qui.

Questa coincidenza, forse per la fretta, non è stata rilevata dai ripubblicatori. Né ci si è resi conto che l’articolo di Bohannon dice ben poco dell’accesso aperto in generale,  mentre è invece indicativo di un sistema che, come se si fosse ancora nell’età della stampa,  collega le carriere non a quello che si scrive, ma al fatto che sia pubblicato in qualcosa che abbia almeno la parvenza di una rivista scientifica, e rende la revisione paritaria – anonima e segreta – un compito privo di riconoscimenti e soggetto all’abuso. A questi rischi sarebbe meno esposto  un accesso aperto genuino, che lavori su articoli preliminarmente depositati in archivi aperti e sperimenti, eventualmente in subsidio a quella chiusa, anche la revisione paritaria aperta. Ma per capirlo occorre superare l’ansia di pubblicare e di ripubblicare, oltrepassare il FUD e regalarsi del tempo per riflettere.

(*) L’articolo, è vero, aggiunge che molto probabilmente anche un’indagine sulle riviste ad abbonamento avrebbe esiti simili, e pure questo è fedelmente riportato da Repubblica – per l’uso dei lettori attenti.

29 aprile, 2013

Metajournals. A federalist proposal for scholarly communication and data aggregation

While the EU is building an open access infrastructure of archives (e.g. Openaire) and it is trying to implement it in the Horizon 2020 program, the gap between the tools and the human beings – researchers, citizen scientists, students, ordinary people – is still wide. The necessity to dictate open access publishing as a mandate for the EU funded research – ten years after the BOAI – is an obvious symptom of it: there is a chasm between the net and the public use of reason. To escalate the advancement and the reuse of research, we should federate the multitude of already existing open access journals in federal open overlay journals that receive their contents from the member journals and boost it with their aggregation power and their semantic web tools. The article contains both the theoretical basis and the guidelines for a project whose goals are:

1. making open access journals visible, highly cited and powerful, by federating them into wide disciplinary overlay journals;

2. avoiding the traps of the “authors pay” open access business model, by exploiting one of the virtue of federalism: the federate journals can remain little and affordable, if they gain visibility from the power of the federal overlay journal aggregating them;

3. enriching the overlay journals both through semantic annotation tools and by means of open platforms dedicated to host ex post peer review and experts comments;

4. making the selection and evaluation processes and their resulting data as much as possible public and open, to avoid the pitfalls (e. g, the serials price crisis) experienced by the closed access publishing model. It is about time to free academic publishing from its expensive walled gardens and to put to test the tools that can help us to transform it in one open forest, with one hundred flowers – and one hundred trailblazers.

To download the full-text article,  see here, here or here.

29 agosto, 2012

Revisione paritaria aperta: come sta andando?

Avevo annunciato il nostro piccolo esperimento qui. Il suo esito provvisorio è visibile qui. Gli unici che hanno risposto all’appello sono stati i cosiddetti  citizen scientists – con generosità, intelligenza e una deferenza che ritengo immeritata.

Molti umanisti temono la rete perché temono i troll. Ebbene, trolleggiare su una traduzione dal tedesco di un testo filosofico-giuridico piuttosto complesso è tanto difficile quanto trolleggiare sul bosone di Higgs. C’è chi riesce a farlo, ma non è da tutti. Vedremo che succede quando farò uscire il mio articolo sul testo di Fichte.

E i colleghi? Dove sono i colleghi? A giudicare dai termini più cercati nel “Bollettino telematico di filosofia politica”, molti, in questo periodo, sono occupatissimi a misurarsi la mediana.

Per gli altri, ecco la prima segnalazione di fine estate:  L’università e le sue crisi: una riflessione storica. Parla delle condizioni istituzionali della ricerca, nel passato e nel presente, a partire dai lavori, per me disciplinarmente inconsueti, di un paio di storici dell’economia; ci ho aggiunto qualcosa sul futuro – sempre che ci sia vita, oltre la mediana.

16 luglio, 2012

Revisione paritaria aperta: un esperimento

Che cos’è? Lo spieghiamo qui, sul “Bollettino telematico di filosofia politica”. E la facciamo anche, con Commentpress, qui. Se sapete il tedesco e siete esperti di copyright, potete partecipare, commentando questa traduzione. Chi ha fatto traduzioni sa bene quanto sia difficile trovare la “parola giusta”:  in questo caso, davvero, molti occhi vedono meglio di due.

Il testo è un articolo di Fichte molto importante – nei suoi difetti e nei suoi pregi – per la storia del concetto di proprietà intellettuale. La traduzione, già sotto licenza Creative Commons, è e rimarrà liberamente disponibile in rete.

L’esperimento non serve solo a mostrare che c’è vita, oltre i recinti dell’Anvur. E’ parte di un progetto più ampio, che, nei prossimi giorni, illustreremo nei dettagli .