Il primo convegno annuale dell’Aisa onlus -la nuova associazione italiana per la promozione della scienza aperta – si farà a Pisa il 22 e il 23 ottobre 2015. Il suo programma è qui. Passate a dare un’occhiata se capitate nei paraggi: sono fatti nostri.
Il Cratilo di Platone
Ho appena reso pubblica una guida ipertestuale alla lettura del Cratilo di Platone, composta, come al solito, per l’uso degli studenti di scienze politiche dell’università di Pisa. È visitabile a partire da qui.
Vittorie ambigue: lo stato dell’accesso aperto
Chi avesse perso l’intervista a Richard Poynder sullo stato dell’accesso aperto può leggerne una presentazione sul “Bollettino telematico di filosofia politica”, qui – con alcune domande che, in italiano, molti si erano già fatti ma che, in inglese, sembrano più serie.
Chi ha paura dell’accesso aperto?
Oggi Repubblica ripubblica i risultati di un’indagine descritta in un recentissimo articolo di Science, facendoli precedere da questo occhiello:
John Bohannon si è inventato un articolo scientifico irto d’errori e l’ha sottoposto a riviste ad accesso aperto scelte esclusivamente fra quelle che impongono agli autori una tariffa di pubblicazione. Entro questo campione, che comprendeva anche testate listate come predatory journals, una buona metà ha accettato il suo testo, per lo più dopo una revisione paritaria superficiale o nulla. L’hanno però rifiutato, fra le altre, Plos One e perfino alcune riviste di Hindawi, nonostante precedenti non del tutto cristallini.
Bohannon ha limitato il campione alle riviste ad accesso aperto che fanno pagare gli autori, dove dunque è più facile che l’interesse al lucro prevalga sul rigore scientifico, escludendo quelle gratuite, e non si è curato di predisporre un gruppo di controllo composto da riviste ad accesso chiuso (*). Il lettore disattento è dunque portato a credere che tutte le riviste ad accesso aperto impongano agli autori tariffe di pubblicazione e che l’interesse al lucro prevalga soltanto nella “selva” dell’open access – come se nel giardino coltivato dell’accesso chiuso non fiorisse le crisi dei prezzi dei periodici.
Partendo da questo post di Mike Taylor ci si può facilmente rendere conto che queste critiche sono soltanto due fra le molte ricevute dall’articolo, disponibile ad accesso aperto su Science. Per una coincidenza bizzarra, Science è la stessa rivista che, pochi giorni prima, aveva posto ad accesso chiuso e a pagamento i risultati delle analisi del suolo e delle rocce marziane fatte da Curiosity della NASA, cioè da un ente pubblico finanziato dal contribuente. Uno dei cofondatori della Public Library of Science, sulla base delle norme del copyright americano, li ha resi disponibili sul suo blog, qui.
Questa coincidenza, forse per la fretta, non è stata rilevata dai ripubblicatori. Né ci si è resi conto che l’articolo di Bohannon dice ben poco dell’accesso aperto in generale, mentre è invece indicativo di un sistema che, come se si fosse ancora nell’età della stampa, collega le carriere non a quello che si scrive, ma al fatto che sia pubblicato in qualcosa che abbia almeno la parvenza di una rivista scientifica, e rende la revisione paritaria – anonima e segreta – un compito privo di riconoscimenti e soggetto all’abuso. A questi rischi sarebbe meno esposto un accesso aperto genuino, che lavori su articoli preliminarmente depositati in archivi aperti e sperimenti, eventualmente in subsidio a quella chiusa, anche la revisione paritaria aperta. Ma per capirlo occorre superare l’ansia di pubblicare e di ripubblicare, oltrepassare il FUD e regalarsi del tempo per riflettere.
(*) L’articolo, è vero, aggiunge che molto probabilmente anche un’indagine sulle riviste ad abbonamento avrebbe esiti simili, e pure questo è fedelmente riportato da Repubblica – per l’uso dei lettori attenti.
Accesso aperto: le responsabilità degli studiosi
Sono stata intervistata da “Linguaggio macchina”, qui. Sull’ulimo numero “Cosmopolis” c’è un mio articolo, dal titolo I collegi invisibili: politica e sapere ai tempi di Internet. E ho appena depositato nell’archivio Marini questo testo: Ecologia dell’informazione: un argomento politico kantiano.
Il terzo saggio, che rielabora idee già presenti nell’introduzione alla mia traduzione di Kant, è uscito in un libro ad accesso chiuso. Ma. come già spiegato, è perfettamente legale renderlo disponibile in rete, se si ha l’accortezza di non firmare accordi che restringono quanto, per legge, sarebbe nella facoltà dell’autore.
Sono testi scritti non solo per dire, ma per fare quello che dicono. Con questa speranza, li lascio liberi.