Archive for ‘Uncategorized’

31 Maggio, 2012

Il buon ricercatore

E’ come il tempo per  Agostino. Sappiamo benissimo chi è se nessuno ce lo chiede ma, se dobbiamo definirlo, ci rendiamo conto della sua elusività.  Ne parlo qui, a proposito di un testo del francese Antoine Blanchard.

Le vicende della valutazione della ricerca francese sono molto interessanti e dovrebbero essere tenute presenti. Basta Wikipedia per rendersi conto che nel 2008 l’AÉRES  aveva pubblicato una classifica gerarchica di riviste di scienze umane e sociali – sul modello della lista ERIH – simile a quella di cui in Italia stiamo discutendo. Travolta dalle critiche – “confonde la qualità di una rivista con la sua diffusione, e la qualità di un articolo con la qualità di una rivista“- ha preferito eliminare la gerarchia e fissare semplicemente un perimetro di scientificità, pure questo soggetto a discussioni. Anche chi propone l’alternativa dell’accreditamento dovrebbe far tesoro di questa esperienza.

19 aprile, 2008

Over the rainbow

Essendo donna di poca sostanza e di molte idee, ho frequentato gli ambienti culturali più svariati,

Ho conosciuto la destra accademica liberista, ideologica e greve, anche se i professori che ne sono parte non sono certo nati armati dal Libero Mercato, ma hanno costruito la carriera propria e preteso di costruire le altrui come tutti. Per questo il loro astratto amore per il Libero Mercato si è potuto sposare senza impedimenti con la sottomissione agli interessi di un monopolista.

Ho frequentato, da intellettuale marginale e disorganica, anche la sinistra che una volta veniva detta radicale, a causa delle mie convinzioni sul diritto d’autore, immaginando un comunismo della conoscenza o dei mezzi di produzione immateriali.

Ma la sinistra che ho conosciuto amava parlare fra sé. Finché si sta fra professori questo è un difetto solo in un senso limitato, anche perché non sappiamo – né dobbiamo – far altro. La forza di un discorso teorico – almeno dove l’uso pubblico della ragione è libero – si misura sulla sua capacità di affermarsi senza dover cercare appoggi politici. Di professori che nascono – e rimangono – funzionarietti e funzionariette di partito ce ne sono fin troppi.

Questo gusto esclusivo per le parole – per parole inutilmente gergali come “post-fordismo”, “globalizzazione” o “cognitariato” – impressiona però quando si ritrova in un politico. Un politico deve, soprattutto, fare. E’ pagato per questo.

So bene quanto questo sia difficile, in un paese di oligarchie e corporazioni. Ma difficile non vuol dire impossibile. Si sarebbe potuto fare un po’ di più, almeno nel campo che conosco meglio. Invece, quando andavo a Roma, avevo spesso l’impressione di essere io il politico e loro i professori. Come se molti di loro vivessero in un mondo magico in cui non ci fosse differenza fra le cose dette e le cose fatte. Composti ormai della vaga sostanza dei sogni, è stato facile farli sparire, per chi controlla i sogni dei più.

(continua)

24 gennaio, 2008

L’onore delle armi

Qui non amo parlare di politica – della squallida, oligarchica politica italiana. Di quella politica che mi sembra così simile alla cosiddetta politica accademica – anch’essa squallida, oligarchica,  e. soprattutto, sempre pronta a tuonare sui massimi sistemi e a progettare grandissime riforme per non cambiare assolutamente nulla, o per consolidare altrimenti i rapporti di potere esistenti, che ben poco hanno a che fare con la scienza.

In questo momento, però, voglio parlare bene di un accademico massimo: il presidente del consiglio Romano Prodi. In una situazione difficilissima e sospetta, alle prese con del materiale umano di scarsissimo  valore, ha fatto. Ha fatto piccole cose – per esempio la liberazione, con la legge Bersani, dai contratti-capestro delle compagnie telefoniche -; ha fatto cose tecniche – come il risanamento del bilancio -; ha fatto cose sgradevoli per alcuni, ma giuste – far pagare le tasse anche a chi non ne aveva l’abitudine -, ma ha fatto.

A me è dispiaciuto che ben poco si sia agito per l’università. Ma devo dire che i piccoli passi che il governo Prodi era riuscito a compiere, per il paese nel suo complesso, andavano nella direzione del cambiare poco per cambiare tutto – una sapienza politica che passa facilmente inosservata fra i cembali sonanti e i rami squillanti, ma che, evidentemente, ha dato fastidio a qualcuno.

Prodi è caduto con coraggio. In questa situazione io avevo cominciato a pensare che uno come lui – un vecchio democristiano pragmatico, ma con una coscienza chiara – fosse il meglio che l’Italia potesse avere. Continuo a pensarlo ora.

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