Questa lettera è indirizzata non solo alla commissione statuto dell’università di Pisa, ma anche al rettore e a tutti altri docenti, agli studenti e ai bibliotecari. Desidero in primo luogo affidare all’uso pubblico della ragione la raccomandazione, ispirata da una discussione in seno alla commissione Open Access della Crui, di inserire nel nuovo statuto una norma a favore della pubblicazione ad accesso aperto, di questo tipo:
L’Università di Pisa fa propri i principi dell’accesso pieno e aperto alla letteratura scientifica e promuove la libera disseminazione in rete dei risultati delle ricerche prodotte in ateneo, per assicurarne la più ampia diffusione possibile.
La pubblicazione ad accesso aperto nasce da un’idea semplice, che i fisici praticano già dal 1991: dal momento che la rete ci consente di condividere i nostri articoli in modo veloce ed economico, perché non usarla?
A quest’idea semplice se n’è aggiunta un’altra ancora più semplice, ma politicamente pungente: il nostro lavoro è finanziato dal denaro pubblico dei contribuenti e degli studenti. Noi, gratuitamente, cediamo i nostri articoli agli editori, altrettanto gratuitamente, di solito, facciamo i referee per loro conto, e poi, ceduto loro il copyright, come comunità accademica dobbiamo ricomprare, con altro denaro pubblico, quello che abbiamo dato gratis. Questo, come mostra un rapporto OECD del 2004 ha portato a situazioni di oligopolio di cui risentono i bilanci delle nostre biblioteche, ormai al collasso. Che senso ha privatizzare, a vantaggio di pochissimi, qualcosa che è nato pubblico? Con che faccia possiamo chiedere allo studente o al contribuente il suo denaro, se non gli permettiamo di accedere a quanto, grazie a lui, abbiamo prodotto?
L’accessibilità è un elemento importante della qualità dell’uso pubblico della ragione nella scienza e nella società. Quando l’occhio del pubblico è accecato, nel buio si possono più facilmente formare oligarchie e poteri incontrollabili. Quando la scienza è soltanto per pochi, entro un recinto di filo spinato sempre più inutile e costoso, altrove regna, sugli ignoranti, il potere dell’ignoranza. Un’università che non voglia essere pubblica soltanto a parole non può tenere per sé, o regalare soltanto ad alcuni, quanto ha prodotto grazie al contribuito di tutti.
La versione 1.2 di questa proposta, che integra l’articolo con altri due commi, è visibile qui.
Continua in: Lettera aperta sull’accesso aperto: che cosa ha fatto l’università di Pisa (2)