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16 aprile, 2008

Il piacer d’essere in lista

Ho già parlato della lista ERIH – un catalogo di riviste d’eccellenza che dovrebbe servire, a regime, a valutare l’attività scientifica degli umanisti.

Come si fa a capire se un umanista è bravo oppure no? Innanzitutto – recita una risposta tanto arcaica quanto ingenua – bisogna provare a leggere quello che scrive. Gli umanisti, però, hanno il vizio di disseminare le loro composizioni un po’ dovunque, ma preferibilmente in luoghi accessibili con difficoltà. E come può un valutatore, da solo o in piccolissima compagnia, leggere quello che sono in tanti a scrivere, con tutto quello che avrebbe da fare?

ERIH ambisce a fornire una soluzione alternativa, producendo una lista di riviste, sul modello di quella dell’ISI, che permetta anche a noi di valutare la nostre ricerche senza perdere tempo a leggerle. Nell’ambito delle scienze “dure” l’esperienza delle riviste ISI ha portato a fenomeni di oligopolio e all’aumento spropositato dei prezzi dei periodici – fenomeni contro i quali gli scienziati stanno reagendo. E qualche umanista si sta anche interrogando di fronte al progetto ERIH, che sembra venire incontro a chi vorrebbe valutare la nostra ricerca sulla base di qualcosa di più quantitativo e di meno vago della reputazione fra i pari.

E’ antropologicamente interessante che l’archeologo autore di questo post si sia intanto adoperato a far includere la sua rivista nella lista ERIH, per quanto senza perdere il suo senso critico:

  • le riviste sono raggruppate entro rigide categorie disciplinari, mentre buona parte delle scienze umane è variamente interdisciplinare;
  • i criteri di inclusione, qualitativi e quantitativi a un tempo, sono oscuri: per esempio, per essere posti in lista, viene valutata la “qualità” del comitato scientifico – e quindi avranno un ruolo, inevitabilmente, i gusti e le amicizie dei selettori
  • le liste sono incomplete
  • per quanto le liste si dicano sperimentali, questo esperimento è stato compiuto non con una pubblica discussione, ma con un catalogo compilato nel chiuso di un comitato ristretto
  • le amministrazioni, così affamate di dati  quantitativi, tenderanno a usare la lista sperimentale per la valutazione e il finanziamento della ricerca, rendendo possibile un nuovo effetto oligopolistico.

Infatti se una lista di riviste creata ad arbitrio riesce a imporsi come lista dell’eccellenza, tutte le altre – specialmente quelle innovative, interdisciplinari, ad accesso aperto – verranno soffocate nella culla. Se una lista siffatta fosse esistita in passato, molte delle testate attualmente prestigiose non sarebbero neppure nate. Non è solo una questione di prezzo: un elenco chiuso di eccellenze è, inevitabilmente. un fattore di isterilimento accademico e culturale.

La reputazione fra i pari, che dipende dalla discussione in atto entro una comunità scientifica che funziona, sarebbe un criterio di valutazione molto più vitale. Certo, sarebbe vago e poco quantitativo se la stima si dovesse fare raccogliendo le chiacchiere dei colleghi al bar. Ma questo criterio potrebbe diventare quantitativo – avendo a disposizione statistiche di download, ranking sui motori di ricerca specializzati e simili – in un ambiente di pubblicazione ad accesso aperto. Col vantaggio che questo tipo di valutazione sarebbe creata in pubblico da persone che leggono effettivamente le nostre opere. E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.

23 settembre, 2007

Berlin5: European Reference Index for the Humanities

Alla conferenza padovana, Rüdiger Klein ha presentato questo progetto (disponibile anche qui, sotto forma di abstract). L’idea è comporre una lista di riviste – sulla base di una valutazione della loro selettività, della loro popolarità e reputazione fra gli studiosi e della qualità dei contributi – le quali siano certificate come indicatrici di eccellenza nel settore delle scienze umane. Klein ha ammesso che questi criteri molto conservatori, ma che spera di potersi alla fine conciliare con i principi della pubblicazione ad accesso aperto.

Il rischio di questa intrapresa, che si modella con grandissimo ritardo sull’esperienza dei “core journals” della lista ISI è quello di riprodurre, anche nelle scienze umane, l’oligopolio che ha portato alla crisi dei prezzi dei periodici – contro la quale gli scienziati stanno reagendo. In più, ora avremmo la possibilità economica e tecnologica di superare i limiti del peer review tradizionale, pubblicando tutto in rete e valutando successivamente la qualità dei contributi – come consiglia Peter Suber e come ha fatto qui Francesca Di Donato.

Ma vediamo se in questo momento, in Italia, la lista iniziale ERIH si concilia con l’accesso aperto. Ecco le riviste italiane meritevoli di un qualche grado di eccellenza, secondo la lista ERIH, nel settore che conosco meglio, la filosofia:

Tutte queste riviste, con l’eccezione delle due edite da Tilgher, almeno parzialmente aperte, sono ad accesso chiuso. Talvolta sono addirittura prive di un proprio sito web, talvolta le loro home page si limitano a riportare gli indici e le istruzioni per abbonarsi, talvolta, infine, gli articoli sono rinchiusi entro barriere proprietarie che rendono assai difficile l’indicizzazione e l’interoperabilità – cioè, in concreto, rendono assai difficile trovare i testi in rete (*). Nessuna, infine, sembra conforme al protocollo OAI-PMH.

La lista è ancora allo stato iniziale e può essere integrata. Al momento, tuttavia, sembra ignorare sistematicamente le riviste on-line, anche quando sono ormai consolidate e accademicamente riconosciute, e sebbene abbiano di solito una quantità di lettori infinitamente maggiore rispetto alle riviste cartacee. Per fare solo un esempio fuori disciplina, Reti medievali, di cui è noto il lavoro esemplare e pionieristico, risulta esclusa dal catalogo delle riviste storiche.

Insomma: la lista ERIH scoraggia non solo la pubblicazione ad accesso aperto, ma l’uso stesso della rete. Se non interverrà un cambiamento, chi volesse fare carriera e ottenere finanziamenti dovrebbe condannarsi all’irrilevanza nascondendo i suoi testi in riviste che o non stanno in rete, o ci stanno molto male.

(*) Sono grata a chi mi segnalerà eventuali errori e omissioni, soprattutto per quanto concerne i siti web delle riviste